mercoledì 18 gennaio 2012
– Ahmed, ma cos’è sta storia che da tre mesi non paghi Antenore?
– Oh capo, non posso. Cosa vuoi mai, è cumplicado.
– È complicato per tutti Ahmed…
– Ma dai Antenore è ricco!
– A parte che non è ricco, ma ti degneresti almeno di rispondere al telefono quando ti chiama?
– No scé campo dove lavoro.
– Ah, allora lavori. Perché l’ultima volta mi hai detto che il macello aveva chiuso.
– Esatto, ecco perché non potevo pagare.
– Sì, ma quindi adesso lavori, ho capito bene? Dove?
– No, cioè sì lavoro ma da un mio amiquo. Dove spaccano le macchine vecchie sai. Pagano poco là, mica come al mascello.
– Lo sai che il macello non ha mai chiuso?
– Ah non so amiquo, a me però non mi chiamano più, poi vedi te.
– Sì vabbè senti, Antenore mi ha chiesto se posso venire a vedere l’appartamento. Per controllare di persona se è tutto a posto.
– Sìsì nusscé problema amiquo, vieni adessu se vuoi. Anzi no, spetta uno segondo.
Pausa, suoni di microfono tappato con la mano.
– No, vieni domani, è meglio, che tra poco devo andare via e cho dei casini. Alle scinque.
– Ma dai, tu, dei casini? Ok vengo domani, alle diciassette. Guarda che entro anche se non ci sei, ho un duplicato delle chiavi.
– Hai chiavi copiate? Ma non è mica legale, sono straniero ma la so questa cosa.
– Anche non pagare l’affitto e non farsi trovare da uno che ti ha regalato la cucina non è il massimo Ahmed.
– Sì dai ok ho capido, scherzawo tranguilo, sci vediamo dumani.
E quindi il giorno dopo sono andato a trovarlo. Ring. Ho suonato il campanello svariate volte, a vuoto. Ahmed ha risposto alla decima, quando stavo già per entrare senza invito, come promesso. – Ti apro, sali, sto a terso piano.
– Lo so dove stai, vengo su.
Ahmed, pantaloni corti e felpa Nike decisamente oversize per uno secco come lui, mi ha dato il benvenuto con un sorriso a settecento denti.
– Giovanni, amiquo, sei in orario! Vieni dentro.
L’appartamento era pulito. Sul divano cuffie da gamer con led colorati, appesa al muro una TV con troppi pollici per stare in un bilocale, sotto una Playstation accesa e la schermata di un “Call of Duty” qualsiasi in pausa. Un tablet Apple era sul tavolino, assieme a tre telefonini.
Odore di narghilè spento da poco.
C’erano almeno quattromila euro di tecnologia in quel bilocale al terzo piano di una palazzina abitata da mamme sole, uomini divorziati, qualche spacciatore, un paio di prostitute e coppie di sposini con risorse economiche al lumicino.
Alla mia sinistra il cucinotto era lindo, fatta eccezione per una lattina di birra schiacciata nel lavabo e degli appunti, una lista della spesa abbozzata, scritti con quello che sembrava (ed era) pennarello indelebile sull’anta giallina dello scolapiatti.
Zuchero
Salame
Semola
Acqua
Birra lattina rossa…
Leggevo la lista scandendo le parole a una a una, mentre lui mi guardava non capendo.
– Ahmed, ma che cazzo hai fatto qui? ‘Sta cucina era nuova!
– Ma tranquilo amiquo, se canscella co alcol.
– Ma cosa vuoi che venga via, vien fuori un macello, guarda… la superficie è ruvida, vai a spalmare l’inchiostro dappertutto!
– Ma no, vedrai che funtziona.
– Cristo, ma non ce li hai dei fogli di carta come tutti? – dico sbattendo la cartellina dei report sul tavolo da pranzo.
– Aspetta, aspetta – mi dice mentre si fionda in bagno a prendere alcol e carta igienica
– Guarda adesso, viene tutto via!
E si è messo a strofinare vigorosamente, trasformando la lista della spesa in una nuvola grigiastra larga mezza anta
– Senti Ahmed, fermati. Non funziona. Ti do un consiglio: trova il modo di sistemare quest’anta, oppure vai all’Ikea e comprane una di ricambio che forse fai prima. E paga Antenore, altrimenti parte la procedura di sfratto.
– Ma perché sfratto, amiquo? Dicci Antenore di aspettare, tra qualche mese sicuro io pago tutto. Con interessi si vuole, giuro (e si batte il pugno sul cuore mentre lo dice), così sistemiamo la faccenda.
Per qualche secondo ci siamo guardati in silenzio nelle palle degli occhi. Poi ho indicato il ben di Dio tecnologico di ultima generazione che aveva alle spalle.
Si è girato a guardare dove indicavo, e poi girandosi verso di me con quel suo sorrisone dice – Sono regali, lo giuro amiquo.
– Dai Ahmed, regali un cazzo. Hai finito i soldi? Vendi un po’ di sta roba e vedrai che due lire le tiri su. E cambia l’anta della cucina. E paga Antenore, alla svelta.
Di punto in bianco il sorriso era scomparso, e il nuovo sguardo diceva che se avesse potuto tirarmi una testata l’avrebbe fatto. E poi, con la rapidità disorientante di un effetto speciale di morphing, in una frazione di secondo è ridiventato conciliante e sorridente.
– Ma sì amiquo, aggiusto tutto, tranquilo. Settimana prossima pago Antenore e sistemo cucina! Però ti chiedo un favore, dammi la tua copia di chiavi, così la do alla mia ragaza e non spendo soldi per fare duplicazione. Che costa cara per porte blindate, tu lo sai!
Gli ho lasciato un po’ a malincuore le chiavi. Sorrisi e rassicurazioni a parte, dopo quella chiacchierata dubitavo fortemente di essere ancora amiquo suo, e confesso che uscendo, mentre camminavo lungo il corridoio con lui sull’uscio della porta, mi sentivo di nuovo quello sguardo bruciarmi tra le scapole.
Appendice, ottobre 2022
I conti di Ahmed non sono mai stati saldati, e nonostante la lettera di sfratto è riuscito a rimanere in quell’appartamento altri tre mesi. E poi, una notte, se ne è andato senza dire niente a nessuno. Abbiamo saputo che non era più là da una vicina. Per entrare abbiamo dovuto scassinare la porta blindata. L’appartamento era in ordine, tv e Playstation non erano più là. L’anta della cucina era ancora nello stesso stato il cui l’avevo vista l’ultima volta.
Ahmed lo rividi solo mesi dopo. Era sulla gazzetta, fotografato assieme ad altri ragazzi. Erano foto segnaletiche, sulla pagina della cronaca.
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