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Lezioni di grafica e Pastamatic

lunedì 23 aprile 2012

Non basta il lavoro diurno. Se voglio riuscire a pagare le rate del mutuo sono costretto a prendere qualche lavoretto da fare alla sera o nei weekend, o nelle pause pranzo.
Voglio a tutti i costi evitare un altro burnout, ma vorrei riuscire anche a evitare possibili telefonate dal direttore della banca, e magari chissà, un giorno permettermi un frigorifero e un letto vero invece del materasso gonfiabile. E quindi faccio qualche piccolo sito internet, lavoro su qualche database, e ogni tanto do lezioni di grafica, grafica tridimensionale nello specifico, altrimenti che nerd sarei?

Un amico qualche tempo fa mi aveva detto che la moglie di un conoscente, consigliere regionale, era stanca di stare a casa tutto il giorno a non fare niente, e che dopo aver visto progetti 3D sui quali stava lavorando una sua amica architetta aveva deciso che la grafica tridimensionale sarebbe stata un ottimo riempitivo per le sue giornate vuote. Doveva solo trovare un insegnante. – Che dici, le do il tuo numero?

– E beh, cosa aspetti? – gli ho risposto.

La ragazza mi ha telefonato il giorno successivo, e ci siamo accordati per incontrarci in un bar in città, per conoscerci e decidere come improntare il corso. Aveva scelto un locale decisamente chic nel centro storico, e una volta che mi si è parata davanti ho capito che tanto sembravo fuori luogo io in quel posto, tanto lei era perfetta per la parte.

Di una bellezza quasi cinematografica e decisamente a suo agio nell’ambiente, mi ha individuato al volo ed è venuta a sedersi sullo sgabello di fianco al mio. Il contrasto tra l’aspetto e la voce nasale e leggermente stridula era sicuramente inaspettato, ma l’inconsistenza, il vuoto che grondava da ogni sua singola frase era addirittura stupefacente. Così stupefacente che non sono sicuro di riuscirlo a trasmettere ricostruendo a memoria il nostro primo colloquio… temo che il mio cervello abbia in qualche modo sistemato il ricordo, ma farò del mio meglio.

– Cioè, ho visto questa mia amica che fa dei disegni da urlo: Lavora per l’architetto Giuliani, lo conosci no? Ha l’ufficio qui vicino, di fianco al notaio Anzaldi. Beh, comunque, lui è un amico di mio marito, dovresti vedere che progetti che fa. È lui che ci ha ristrutturato la villa, un mago, davvero. E niente, sono andata a trovarli un giorno e ho visto che hanno questa sala fighissima con tutti i ragazzi, anche la mia amica, che usano Mac e fanno dei disegni 3D da paura. E allora ho pensato: ma ce l’ho anche io il Mac a casa! E se faccio un corso per imparare, invece di stare sul divano tutto il giorno a guardare la TV? Vabbè non sarò architetto ma ho fatto quattro anni di geometra…

– Beh l’idea è ottima, però sappi che io non sono un architetto… comunque ti posso insegnare i rudimenti del CAD tridimensionale, quello sì.

– Uhm, ok ma ci posso disegnare degli interni, con tavoli, piante e tutto?

– Beh sì, certo.

– Anche divani e librerie? Cioè, anche coi colori fighi e le luci?

– Assolutamente sì. Non è semplice, vedrai, ma è fattibile, dovrai solo darti un po’ di tempo!

– Ma certo, ho tutto il tempo che voglio!

Le lezioni fatte, alla fine, sono state ben due. Due in tutto. A metà della seconda lezione si era già annoiata. Tutto il tempo che voglio è una unità di misura alquanto relativa, in effetti.

A parte le considerazioni velatamente ironiche sulla strada piena di buche percorsa per arrivare fin dove abito, e alla vuotezza museale del mio appartamento, non ricordo scambi degni di nota tra noi due, tranne un episodio, il primo giorno.

– E con questo comando in pratica crei l’estrusione del profilo bidimensionale lungo un percorso definito. Vedi? In questo modo abbiamo creato una colonna.

Lei aveva perennemente lo smartphone in mano, e seguiva la lezione alternando messaggi ad appunti a biro su un piccolo blocco a quadretti.

– Estrusione… – scandiva mentre scriveva le sue note – …del profilo!

– Esatto, estrusione. Vuoi provare tu? Tanto per vedere se hai capito la filosofia?

– Uhm… no dai, continua tu. Io ti seguo. Però, per estrusione, esattamente cosa intendi?

– Allora, hai presente il Pastamatic? Ecco, funziona esattamente allo stesso modo.

– Non so cos’è.

– Non sai cos’è il Pastamatic.

– No.

– Dunque, direi che è una specie di torchio, un attrezzo che si usa in cucina per…

– Ah io non ci vado in cucina. Io e il cibo, non.

– Uhm… ok. Comunque, questo comando fa la stessa cosa che si fa per creare la pasta, appunto, al torchio, ovvero… beh un’estrusione. Sì, è un cane che si morde la coda, facciamo così: alla prossima lezione ti spiego meglio, lasciami il tempo di trovare un Pastamatic su Ebay (rido solo io) … Ahm, sempre sicura che non vuoi provare?

– Sì, sono sicura.

– A ogni modo, adesso che abbiamo finito di disegnare la struttura della stanza, possiamo fare un veloce rendering (calcolo dell’immagine finale, NDA) per vedere il risultato come se fosse una foto, con la luce che entra dalle finestre che abbiamo disegnato prima. Pronta?

– Sì, aspetta un attimo… – E dopo aver finito di scrivere l’ennesimo messaggino mi ha dato il via libera – Vai!

Il computer ci ha messo un paio di minuti e poi finalmente la stanza renderizzata è apparsa sullo schermo. Senza colori e materiali, sembrava un enorme scatolone rettangolare bianco con una colonna anch’essa bianca in mezzo, e due finestre abbozzate sul muro in fondo, su un cielo color blu sintetico.

– Nooo, ma è fantastico! Cioè fammi capire, com’è che hai fatto? (Bastava ascoltarmi un po’ di più e avresti capito ragazza mia)

– Beh, una volta che abbiamo finito di modellare la struttura delle stanze, è sempre interessante lanciare un rendering di prova per vedere che piega sta prendendo il progetto…

– Sì ma voglio dire, come hai fatto a fare quel bianco?

– Uhm, in realtà è tutto bianco proprio perché non ho fatto niente. Per rendere tutto più realistico bisogna lavorare sui materiali da assegnare a ogni oggetto, lo vedremo nelle lezioni successive.

– No ma sei pazzo, io vado matta per il look total-white. Aspetta che faccio una foto e la mando a mio marito. La prossima volta mi spieghi bene come hai fatto.

Sapete cosa? Sono state le due lezioni più stupide e inutili che abbia mai fatto in vita mia. Ma avevo sessanta euro in più in tasca, e tanto mi bastava.


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