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Call center

venerdì 8 luglio 2011

Verso le dieci è suonato il telefono. Un cliente? No, figuriamoci. Dall’altra parte c’era una ragazza con accento slavo. – Buongiorno sono di Enel Energia, devo parlare col titolare.

Nelle ultime settimane credo che avremo ricevuto almeno una ventina di telefonate da aziende energetiche, sempre le stesse tre o quattro. E io rispondevo ogni volta con variazioni sul tema della stessa frase: – Abbiamo firmato il contratto pochi mesi fa, non sappiamo ancora quanto spendiamo, quindi non possiamo valutare la bontà o meno della vostra offerta, mi capisce? No non sono interessato a un preventivo gratuito. No, siamo un ufficio, non usiamo il gas per cucinare. Sì che sono sicuro. Ma lo sa che mi ha già chiamato una sua collega ieri?

Già le giornate non sono il massimo, perdere tempo e far perdere tempo a questi ragazzi sottopagati che chiamano da call-center sparsi per tutto l’est Europa non rientrava tra le mie priorità. Ma non riuscivo a incazzarmi con loro. Facevo (quasi) la stessa cosa anche io quando suonavo ai campanelli per estorcere informazioni.
Ma stamattina non ce la facevo proprio a ripetere la solita tiritera, quindi mi è uscita ‘sta cosa qui.

– Guardi, il titolare doveva rientrare stamattina dall’Afghanistan, purtroppo però è stato trattenuto all’aeroporto dalla polizia

– Ah, io capisco…

– Traffico di droga, sembrerebbe, dalle prime informazioni.

Qualche secondo di silenzio

– Arrivederci e buona giornata signore.

– Anche a lei signorina, anche a lei.


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