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La ricerca

lunedì 15 novembre 2010

Oggi è stato il primo giorno, o meglio pomeriggio, di ricerca. In auto e a piedi per le vie dei paesi e delle frazioni vicine, alla ricerca di case, appartamenti e negozi in vendita o in affitto.

Pioveva, già poco dopo le quattro era buio, e avevo dimenticato l’ombrello a casa. Non si prospettava come il migliore dei pomeriggi. Guidavo lento tra le vie di quartieri conosciuti e meno conosciuti, guardando a destra e sinistra, strizzando gli occhi alla ricerca di cartelli con scritto “vendesi” o “affittasi” appesi a recinzioni e inferriate.

Anche se in realtà, così recita il Prontuario del buon Agente Immobiliare, i cartelli rappresentano davvero l’ultima spiaggia, perché quando se ne vede uno attaccato a un cancello con ogni probabilità quell’immobile lo conoscono già tutte le agenzie del pianeta. Nessun vantaggio competitivo. Quindi che si fa?

Beh, il Prontuario dice che si fa cosi: si suonano campanelli, tanti, seguendo l’intuito o più realisticamente a caso. Poi, a chi risponde alzando il citofono, aprendo la porta o affacciandosi alla finestra, si dice/urla (dipende dalla distanza dell’interlocutore)  qualcosa del tipo – Salve signore/signora/bambino, ho sentito che c’è un appartamento/casa/bar/capannone in vendita/affitto da queste parti, saprebbe darmi qualche informazione?
E se sei fortunato, ti danno un nome o un indirizzo, o entrambi, oppure ti indicano un punto imprecisato a destra o sinistra che è meglio di niente.
Se invece sei sfortunato, fanno spallucce, tu saluti e sei obbligato a ritentare al prossimo campanello.

Vista la pioggia battente, mi sono detto che uno strappo alle regole del Prontuario non sarebbe stato poi così grave, codardamente autoassolvendomi nonostante fosse solo la mia prima vera e propria uscita sul terreno. Guidavo a pochissimi chilometri all’ora, col mento sul volante e gli occhi stretti a fessura alla ricerca di cartelli attraverso il parabrezza, coi tergicristalli che battevano il tempo. Il problema è che dopo poco meno di un’ora avevo l’impressione di aver già preso nota di tutti i numeri affissi lungo il percorso che mi ero meticolosamente preparato al PC, manco fosse stata una complicata tappa della la Paris-Dakar[i].

Erano passati solo pochi minuti dalle cinque e mancavano ancora ben due ore all’orario di chiusura. Me ne stavo seduto in auto in un parcheggio isolato, davanti a un piccolo calcinculo spento. La sagra era finita un paio di settimane prima, cosa ci faceva lì tutto solo?

La pioggia non accennava a diminuire, nessun ombrello si era materializzato per magia nel vano portaoggetti dell’auto, e guardando con attenzione il mio cappotto, mi sembrava più spugnoso e permeabile che mai, ma mi sono detto che era giunto il momento di uscire dall’auto e comportarmi da Vero Agente Immobiliare.

Le vie erano illuminate poco e male da lampioni a risparmio energetico, le pozzanghere erano laghi con la superficie battuta da gocce grandi come monete, e per qualche misteriosa ragione, mi pioveva sempre in faccia indipendentemente da come fossi girato rispetto alla rosa dei venti. Avevo avuto un’idea chiaramente di merda.

E perché non ero semplicemente andato a comprare un ombrello al centro commerciale? Perché sono un coglione. E perché non ci andavo adesso? Perché ormai ero zuppo, con un ombrello sulla testa sarei sembrato perfino più coglione.

E non ero zuppo solo io, anche il taccuino con la copertina di cuoio che usavo come blocco per gli appunti non se la passava bene. La pioggia aveva reso illeggibili alcuni dei numeri che mi ero appuntato prima, assicurandomi un altro tour per rileggere quei cartelli, domani.

Sensazione strana quella di suonare il campanello di perfetti sconosciuti, mi sono sentito come un mix tra un venditore di aspirapolveri tedeschi e un Testimone di Geova, e non so quale delle due cose mi piacesse di meno.

Alla fine della giornata avevo raccolto un imprecisato numero di tentativi andati a vuoto, due numeri di telefono e una vaga indicazione su di un capannone vuoto di proprietà di un meccanico in pensione “dall’altra parte dello stradone”. – Quale stradone? – Avevo chiesto, ma il vecchio aveva già chiuso la porta. Non un bottino straordinario, ma meglio di niente.

Non fossi stato così fradicio me ne sarei andato al bar a brindare con un Crodino alla fine di questa giornata, ma sentivo tanto il bisogno di una doccia bollente, di un brodo caldo e di buttarmi a letto. Quindi sono salito in auto e, con le ventole del riscaldamento al massimo, tanto da riuscire appena a sentire la radio, me ne sono tornato a casa.

Ho smesso di tremare mezz’ora fa.


[i] La Paris-Dakar è stata uno dei rally di automobilismo e motociclismo più famosi al mondo, e tra i più pericolosi. È stato ideato nel 1976 da Thierry Sabine il quale, dopo essersi smarrito nel deserto durante la Abidjan-Nizza, decise di creare un rally raid che percorresse la direzione inversa. La prima gara risale al 1979.


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