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Parte prima

Introduzione

Tutto quello che leggerete in questo breve romanzo è tratto da esperienze realmente vissute.

“Solo i nomi sono stati cambiati per proteggere gli innocenti.”
(Dalla sigla di Dragnet, serie TV Poliziesca, 1951. Ah, la cosa dei nomi riguarda anche il mio. Non sei un vero scrittore se non hai almeno uno pseudonimo, no? Metti che porti fortuna...)


Sono le 8:47 di mattina, è un calmo sabato di fine settembre, di quelli col sole incerto. I suoni che filtrano dai vetri delle finestre sono ovattati, e inviterebbero a starsene sotto le coperte a godersi il momento, allungandolo il più possibile. E invece sono davanti alla tastiera, sveglissimo, e finalmente deciso a ricomporre quel singolare mosaico di pensieri ed episodi accumulati durante la mia vita precedente, quando facevo l’agente immobiliare.

Fuori dalla finestra, appollaiato sulla ringhiera in ferro battuto, c’è un piccione esageratamente grasso che guarda la strada tre piani più sotto. Un McDonald’s, una pescheria, una gastronomia giappocinese, un kebab con le finestre sempre unte, e una farmacia.

L’odore che sale fin quassù a volte è pestilenziale, ma la vista che dà sui tetti dei palazzi vicini e sulla via principale ripaga ampiamente. Fa quasi dimenticare il puzzo di fritto in camera da letto, l’affitto esorbitante, i problemi di parcheggio, e anche il fatto che non ci sia l’ascensore, e che ogni volta che faccio la spesa sono costretto ad arrampicarmi fino al terzo piano caricato come uno sherpa su per una stretta scala a chiocciola in legno.

Vivo in questo appartamento, non troppo distante da Parigi, ormai da un lustro e mezzo, lontano mille chilometri da quella che è stata casa per quarant’anni, una cittadina a cavallo tra la Lombardia e l’Emilia Romagna.

Sette anni sono un arco di tempo troppo lungo per sperare di riuscire a scrivere questa storia andando a memoria, ma per fortuna ho tenuto d’acconto una montagna di appunti scarabocchiati su Post-it e scontrini del supermercato, status su Facebook scritti di getto, e perfino qualche post del mio vecchio blog.

Dovrei avere materiale a sufficienza, anche se temo che mi troverò di fronte a un caleidoscopio di situazioni e stati d’animo non sempre intonati tra di loro. Ho vissuto quel periodo come legato ai sedili di un ottovolante flessibile – l’unica similitudine che mi viene in mente – e credo che farei un torto a me stesso se cercassi di equalizzare tutti i frammenti tra di loro. Chissà, probabilmente toglierei anche sapore alla storia.

Ricordo la ragazza che mi ha fatto vedere l’appartamento dal quale sto scrivendo per la prima volta, agente immobiliare come lo ero stato io fino a pochi mesi prima, e ho ancora impresso nella memoria l’effetto straniante che mi aveva fatto trovarmi dall’altra parte.

Ho provato quasi un senso di sollievo.

Perché tutto sommato io come agente non mi ci sono mai veramente visto. Eppure è successo, eppure l’ho fatto per cinque anni, eppure mi sono perfino divertito, in qualche modo.

La storia inizia con un burnout.


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