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Sono giorni così

martedì 3 febbraio 2015

Sono stanco, dentro e fuori. Ma resisto. Beh più o meno. Non è che resisto, è che crollo così lentamente che ho tempo per ricostruirmi. Come Steve Austin[i]. Beh, lui lo ricostruivano con qualche milione di dollari, io sono più da discount, ma ci siamo capiti. Fa strano scriverlo, Steve Austin. Forse perché a sei anni l’avevo memorizzato come “Stivòstin”, tutto d’un fiato.

Là fuori il panorama umano è desolante, le eccezioni sono rare. Non è misantropia, è realismo. Sono giorni in cui se potessi evitare ogni contatto, lo farei. Ma, a quanto pare, non posso.

Quando faccio un bancomat, lo sportello automatico ormai sputa solo polvere secca e centesimi.

Meno male che c’è la famiglia, e che ci sono gli amici. Sono carburante per il mio cervello a secco, e per l’anima che ultimamente si è inaridita un po’. Al di fuori di loro, il vuoto. E non mi pento di certi ponti tagliati. Mi dispiaccio, ma non mi pento. Meglio viaggiare leggeri.

Ho la testa tra le nuvole: dimentico le chiavi nell’auto parcheggiata, il portafoglio con la patente a casa, oggi ho preso una strada contromano, fortunatamente non era la A13. Mi dimentico i cognomi, inciampo e mi faccio male contro gli spigoli delle cose.

Credo che lavorare tutti i giorni fino all’una o le due di notte, tra l’agenzia e tutto il resto, non sia una strategia vincente a lungo termine. Ma cosa posso fare?

Sono solo le dieci di sera, i piatti sono ancora sporchi nel lavello, avrei mille cose da fare ma non riesco, devo andare a dormire. Devo darmi un po’ di respiro.


[i] Steve Austin (interpretato da Lee Majors) era il protagonista de L’uomo da sei milioni di dollari (Six Million Dollar Man), una serie televisiva statunitense liberamente ispirata al romanzo Cyborg di Martin Caidin, trasmessa originariamente negli Stati Uniti tra il 1974 e il 1978 dalla ABC.


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