martedì 2 dicembre 2014
Interno ufficio, pomeriggio, nessuna telefonata di possibili clienti da due giorni circa. Pessimismo e fastidio (cit.).
È entrata una zingara panzuta, età indefinita tra i trenta e i sessanta, armata di vassoio di piante da vendere (rubate o amorevolmente coltivate nello spazio tra la roulotte e il Mercedes 250D dell’88? Impossibile a dirsi), e con la nonchalance di chi è abituato a entrare senza chiedere permesso.
– Buonsciorno bel ragazu. Che bello ufficio, meravilia.
– Buongiorno a lei, e grazie, mi dica.
– Tu compra piante grazie.
– Non prendo niente, mi spiace. Niente piante.
– Ma allora dammi offerta, uno, due euro.
– Non credo lo farò.
– Daaaami oferta, no ti costa nientu.
– A parte che lo so io se mi costa o no, niente offerta. Cerchi lavoro?
– No, non cerca lavoro, ho già, vendo piante co’ fiori. Cinque euro dai, ti lascia pianta bella che regali a tua donna
– Mi spiace signora, ma no, niente pianta e niente offerta.
– Ma bel ragazu, io sono povera…
– E neppure io sono messo bene signora, quindi arrivederci.
– Tu sa che se Dio vede che tu fa opera buona lui dà te tanta fortuna!
– Ma davvero?
– Sì, però se non dai soldi lui vede anche! E se arrabbia manda disgrazia. È così.
E si fa il segno della croce guardandomi.
– Signora…
– Si, tu prende pianta.
– No, volevo dirle che non credo proprio che un Dio esista. Esistesse, sarebbe palesemente uno stronzo, non crede? E comunque, arrivederci.
Interno ufficio, pomeriggio, la zingara è uscita maledicendomi.
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